Dalla Voce del Popolo sul mondo carcere del 24 settembre 2020 – Luisa Ravagnani
L’universo dimenticato
Luisa Ravagnani, nominata dal consiglio comunale di palazzo Loggia nel 2015 garante dei diritti delle persone private della libertà personale, é la figura che anche nei mesi del lockdown ha fatto da ponte tra i detenuto e il mondo esterno che, al di là dei legittimi interessi di famigliari e del volontariato che opera nelle strutture carcerarie, sembra essersi dimenticato di un universo che, anche solo per collocazione fisica, è parte della città. “Quelli che sono venuti con l’arrivo della pandemia – racconta – sono stati, per chi vive la dimensione del carcere, mesi di grandi difficoltà. Tutte quelle che erano le abitudini e le attività che si svolgevano all’interno delle due strutture bresciane sono state soppresse. L’assenza di ogni contatto con il mondo esterno e con le persone che quotidianamente entravano in carcere per progetti e iniziative di volontariato ha di fatto privato i detenuti di una finestra, di uno spazio di dialogo con il mondo che sta fuori”. L’aspetto che ha fatto maggiormente soffrire i detenuti, però, è stato il taglio netto di ogni contatto “dal vivo con i familiari”. Solo l’attivazione delle videochiamata ha in parte alleviato il dolore. I repentini cambiamenti imposti dal lockdown si sono fatti sentire anche sul modo con cui Luisa Ravagnani intepreta il suo ruolo di garante.
“Il venire meno degli incontri con i detenuti – ricorda – ha intensificato quelli attraverso la posta elettronica o il ricorso, in caso di bisogno, alla mediazione degli operatori carcerari”.
Molto più intensi si sono fatti invece i rapporiti con quei denuti che stavano vivendo esperienze alternative al carcere, rese più difficili dalla pandemia, e quelli con le famiglie che stavano fuori dal carcere ed erano preoccupate per la situazione dei loro cari.
“Chi ha vissuto il lockdown dentro il carcere – continua ancora la Garante – ha compreso sin da subito che le misure adottate andavano unicamente nella direzione di una maggior tutela della loro salute”. Non a caso nelle strutture bresciane non si sono registrare quelle proteste esplose anche in forma violenta in altre carceri. Questo, per Luisa Ravagnani, è stato possibile anche per la disponibilità dimostrata dall’amministrazione penitenziaria e dalla magistratura di sorveglianza nell’accogliere, nei limiti del possibile, le esigenze espressa dai detenuti. (m.v.)