030 42322 volca.bs@gmail.com
Vol.Ca, il ritorno in carcere ≪Ma serve un nuovo istituto≫

Vol.Ca, il ritorno in carcere ≪Ma serve un nuovo istituto≫

Sono riprese le attività degli associati dopo lo stop di oltre un anno per pandemia

I volontari dell’Associazione Vol.Ca. (Volontariato del Carcere) riprendono il loro posto nelle carceri bresciane, dopo l’anno di emergenza che li ha visti impossibilitati ad accompagnare i detenuti.

Gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono riversati anche sull’associazione: da Febbraio 2020 i diversi servizi a favore della realtà carceraria, già tanto debole e isolata, sono stati interrotti ha evidenziato Caterina Vianelli, presidente il cui secondo mandato (triennale) è iniziato meno di un mese fa.

L’associazione – espressione della pastorale della Diocesi – si è ritrovata il 17 giugno e ha eletto un nuovo consiglio direttivo. Vianelli ha sostituito nel 2018 il presidente onorario Angelo Canori, venuto a mancare, ed oggi è affiancata da diversi consiglieri tra cui suor Isabella Belliboni (vicepresidente), Tiberio Boldrini (rappresentante della Caritas), dono Adriano Santus e don Faustino Sandrini, cappellani rispettivamente della casa circondariale <Nerio Fischione> (377 detenuti di cui 216 italiani e 161 stranieri) e della casa di reclusione di Verziano (47 uomini e 42 donne).

L’associazione Vol.Ca. offre colloqui di sostegno morale; incontri di catechismo; fa attività ti animazione pastorale e culturale; gestisce un magazzino di vestiario in entrambe le carceri. Le volontarie propongono alle detenute di Verziano un corso di sartoria e uno di arte-terapia. La presenza di Vol.Ca. vuole dunque essere non solo un supporto morale e materiale, ma anche un accompagnamento nell’ottica del recupero della persona detenuta, in linea con l’art. 27 della Costituzione, secondo cui la carcerazione non deve essere una parentesi inflitta, ma una possibilità di rieducazione e riscatto sociale ha evidenziato Vianelli.

L’attività esterna al carcere non si è invece mai fermata: fulcro è la sede dell’associazione in via Pulusella 14 (030-42322; https://volcabrescia.it), punto di riferimento per gli ex detenuti e le famiglie, i cui membri risentono tutti della carcerazione del coniugato. L’aiuto nei loro confronti può essere sia economico, si psicologico. Vol.Ca. dispone di appartamenti destinati a persone in misure alternative alla detenzione o per lo svolgimento di permessi premio; immobili concessi dal Comune di Brescia settore Servizi Sociali e dalla Congrega della Caritas Apostolica. Il reinserimento nella società attraverso opportunità abitative e di lavoro diminuisce il rischio di recidive: la collaborazione con le cooperative sociali per l’inserimento lavorativo dei detenuti, con i Servizi Sociali dei Comuni e con le parrocchie per identificare le soluzioni abitative è uno dei punti progettuali verso cui si orientano i passi dei 45 volontari (tutti con doppia vaccinazione), tra i 60 e 70 anni, cui Vianelli spera di poter presto affiancare anche un gruppo di giovani.

L’improcrastinabile problema del sovraffollamento del carcere di Brescia è tornato infine a evidenziarsi. La città ha bisogno di un carcere nuovo, organizzato con criteri di vigilanza moderni ha concluso Mario Fappani, già garante dei detenuti.

Alessandra Stoppini

I carcerati ci chiedono cose materiali ma ancor più di essere ascoltati

I carcerati ci chiedono cose materiali ma ancor più di essere ascoltati

Il vescovo Tremolada, soffermandosi sulla parola, è intervenuto all’incontro di formazione del Vol.Ca. Brescia

Il teatro della parrocchia di San Giovanni ha ospitato, lo scorso 4 giugno, l’incontro di formazione del Vol.Ca. Brescia, alla presenza del vescovo, della presidente dell’associazione, Caterina Vianelli, di numerosi volontari, dei cappellani che operano nelle carceri cittadine e delle Madrine dell’Opera Francescana. Tema dell’incontro, tenutosi nel tardo pomeriggio è stato “La parola di Dio in carcere e dal carcere”. “L’attuale situazione pandemica ci induce a pensare – ha spiegato Caterina Vianelli – che si vada verso la ripresa delle attività in presenza anche all’interno delle carceri; nel frattempo, sono proseguite tutte le nostre attività esterne, così come l’ospitalità presso gli appartamenti protetti dall’associazione” ha concluso, lasciando la parola al cappellano, don Adriano Santus, “Papa Francesco, rivolgendosi ai cappellani, ai religiosi e ai volontari del carcere, durante la sua udienza nel 2019, volle esortarci a essere “cercatori instancabili di ciò che è perduto, annunciatori della certezza che ciascuno è prezioso per Dio”. Questo dovrebbe essere l’intento di ogni volontario, ossia quello di servire le persone come se fossero immagine di Dio in terra. La parola di Dio, infatti, può cambiare l’animo e la vita di ogni persona e fornire grande supporto anche a chi si trova nella prova. I carcerati ci chiedono certamente cose materiali ma ancor più ascolto, comprensione e conforto”. A seguire, prima della lectio del Vescovo, una serie di testimonianze dei volontari che hanno sottolineato quanto l’esperienza che vivono, portando la Parola di Dio all’interno delle carceri, sia formativa e umanizzante. La riflessione di monsignor Tremolada si è sviluppata in tre momenti: il Vescovo ha spiegato il significato di tre parole simbolo quali rugiada, semente e luce: poi si è soffermato sulla parola Misericordia, per terminare con una prospettiva attuale. Quando il nostro cuore arido incontra la Parola di Dio, esso viene consolato così come accade quando il terreno secco viene a contatto con la pioggia e la rugiada; la Parola di Dio è la semente nella nostra vita e chi incontra Gesù viene conquistato dalla sua Parola ed essa porta frutto ed è luce del nostro cammino. La misericordia è la forma storica del mistero trinitario d’Amore; Dio è Misericordia e la Sua Parola è un lieto annuncio. La parola di Dio per tutti e ciò che i volontari vivono nelle carceri può diventare un dono per gli altri e contribuire a cambiare qualcosa nella società.

Brescia di Laura di Palma

PERSONE OLTRE IL MURO

PERSONE OLTRE IL MURO

È stato recentemente pubblicato dal CE.DO.C. un volume collettaneo dal titolo «Angelo Canori, testimonianze e scritti». Il testo è ovviamente un ricordo di Canori, ma non ha voluto essere, a mio avviso riuscendovi, soltanto commemorativo; la mancanza del signor Angelo, infatti, costituisce ancora oggi, a distanza di 30 mesi dalla sua scomparsa, un vuoto notevole per il volontariato penitenziario bresciano. Serviva quindi che il suo esempio fosse messo a disposizione di tutti coloro che si cimentano in questa non facile opera di attenzione verso il mondo dell’esecuzione penale, in modo da farlo diventare un insegnamento, e questo scritto ci riesce.

Sono consapevole del fatto che potrebbe apparire riduttivo ricordarne il solo impegno come volontario penitenziario, poiché Canori, è stato uomo della risposta ai bisogni umani, in molti degli aspetti in cui essi si manifestano; tuttavia per me, che ho avuto la fortuna di affiancarlo a lungo negli anni della sua presenza in Carcere e Territorio, questo è l’elemento che genera un ricordo e un apprezzamento indelebili. Egli scelse, con la propria esistenza, non con un pezzetto seppur importante, ma con l’interezza della sua esistenza, di sperimentare l’impatto della solidarietà fiduciosa a favore di un cambiamento radicale nelle altrui vite, comprendendo che tale offerta di solidarietà avrebbe dovuto e potuto passare solo attraverso la modifica dei determinismi soggettivi e oggettivi che governano le scelte, anche quelle sbagliate.

Canori ci ha insegnato che l’apporto del volontariato penitenziario, indipendentemente dalle appartenenze religiose, dalle coscienze etiche e dalle consapevolezze giuridiche che lo muovono, deve avere come perno e snodo del proprio intervento la valorizzazione della dignità di ogni persona, anche e soprattutto se si tratta di una persona condannata per aver commesso un reato.

«Il recupero dei detenuti è qualcosa a cui non si può rinunciare. Guai alla società che infligge una pena fine a se stessa» — era solito dire il compianto Presidente del VolCa. In questa prospettiva egli ha sempre promosso, pungolando chi doveva essere pungolato, l’idea di una comunità che deve sapersi fare carico della propria funzione attiva rifuggendo la tentazione, così facilmente riscontrabile, del chiamarsi fuori, schermandosi dietro l’indifferenza o, peggio, la diffidenza e il pregiudizio. Il volontariato che Canori ci ha insegnato non è e non sarà mai solo quello dei bisogni immediati delle persone, cui comunque va data una risposta, ma si erge su un’opera costante di sostegno e orientamento della persona per consentirle di reperire la capacità, presente in ciascuno di noi, di emanciparsi dalle proprie difficoltà per costruire il proprio domani, partendo da un coerente inventario delle risorse disponibili. Ovviamente è sempre stato pronto ad aumentare tali risorse, ma non ha mai rinunciato a far comprendere il senso di un atto d’aiuto, anche in termini di responsabilità, a chi ne era destinatario.

Parimenti ha sempre agito per far capire alla comunità, dai vertici amministrativi al semplice cittadino disorientato, il significato profondo di tale responsabilità. Il suo volontariato è così diventato una scelta di fede e di passione, come ricorda una degli autori, dimostrando la sua «saggezza, la volontà ferma, la capacità di decidere, l’intelligenza pratica, la severità misurata, la passione nel fare e il sano senso dell’umorismo» ma anche «la capacità di mettere in pratica soluzioni concrete, rapide, tempestive ed efficaci anche di fronte a situazioni umane e sociali particolarmente problematiche».

Un libro che consiglierei di leggere a chiunque voglia farsi un’idea dell’esecuzione penale vista da vicino, e soprattutto a chi abbia voglia di impegnarsi per renderla più umana, come ha fatto Angelo Canori.

Carlo Alberto Romano
Il Covid non ferma la solidarietà dei volontari nelle carceri bresciane

Il Covid non ferma la solidarietà dei volontari nelle carceri bresciane

Il Covid ha dato un duro colpo anche alle attività che il territorio bresciano offriva all’interno degli Istituti di pena. Da febbraio sembra siano stati cancellati decenni di iniziative e attività che il volontariato penitenziario e le realtà del terzo settore offrivano alle persone detenute. E, se ancora oggi le cautele inerenti il contagio non consentono la ripresa di molte attività interne, chi da sempre opera in favore dei reclusi non ha comunque smesso di occuparsene. Nell’ultimo anno l’associazione di Volontariato Carcere (Vol.Ca.) e la Cooperativa Sociale di Bessimo hanno continuato a rifornire di vestiario, biancheria, calzature, prodotti per l’igiene i due istituti di pena bresciani.

Lo hanno fatto su richiesta diretta della direzione e con fondi propri ma anche grazie al contributo del progetto «Insieme contro l’emarginazione», sostenuto con i fondi PON / FSE a titolarità del Comune di Brescia, che si occupa, in collaborazione con le realtà cittadine che si impegnano nell’ambito della grave marginalità, proprio della distribuzione di generi di prima necessità per le fasce di popolazione più vulnerabili. Così centinaia di mutande, calze, spazzolini, dentifrici, giubbini, tute, scarpe hanno raggiunto le molte persone detenute che non hanno modo di acquistarli direttamente o non hanno famigliari che possono inviarli da fuori.

Nel periodo del Covid anche le famiglie dei detenuti hanno potuto vedere pochissimo i loro congiunti privati della libertà: videocolloqui e lettere non possono sostituire un colloquio in presenza, non solo perché manchevoli di contatto fisico, ma anche perché un cambio di vestiti non può essere inviato via Whatsapp. Se a questo si aggiunge la chiusura del servizio guardaroba da anni gestito da volontari Vol.Ca. si può facilmente intuire come il personale di Polizia Penitenziaria si sia dovuto, purtroppo, sobbarcare anche problematiche prima non di loro competenza.

Da qui le richieste, molto più voluminose del solito, di supporto esterno nel rifornire dei molti generi di cui necessita la quotidianità. Oltre a rivolgersi all’interno del carcere, i volontari e gli operatori di Vol.Ca e Bessimo si stanno occupando anche della distribuzione di uno zaino per quei detenuti scarcerandi che, usciti dalla cella, non possono tornare a casa semplicemente perché non ce l’hanno. Per loro, doppiamente segnati dagli squilibri di questo sistema sociale in quanto ex detenuti e senza dimora, un kit con beni di prima necessitàverrà consegnato presso la sede dell’associazione di via Pulusella: sacco a pelo, materassino, zaino con alcuni generi di prima necessità ma soprattutto un contatto, un consiglio, un supporto per cercare, insieme, una via di affrancamento ed emancipazione.

La Cooperativa di Bessimo Onlus è una cooperativa sociale che opera dal 1976 nel campo del recupero e reinserimento di soggetti tossicodipendenti. Gestisce 15 Comunità Terapeutiche, 1 comunità educativa per minori e madri in difficoltà, 1 servizio specialistico residenziale per disturbi da gioco d’azzardo patologico, servizi di prevenzione e di riduzione del danno, servizi e progetti in area penale, attività e progetti sulle province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova. Dal 1976 la cooperativa ha accolto 7.180 persone realizzando oltre 10.100 programmi terapeutici ed educativi.

Il Vol.Ca (Volontariato Carcere)
 è nato a Brescia nel 1987 per volontà dell’allora vescovo, mons. Bruno Foresti, come gruppo di persone laiche impegnate nel volontariato e come espressione ed appoggio della Pastorale Carceraria della nostra Diocesi, che opera nei due istituti carcerari della città. Era il 1994 quando il gruppo si costituì come associazione Onlus.

(Redazione “quibrescia.it”)

QUANDO UNA LETTERA PUO’ RISCALDARE IL FREDDO DI UNA CELLA

QUANDO UNA LETTERA PUO’ RISCALDARE IL FREDDO DI UNA CELLA

QUANDO UNA LETTERA PUO’ RISCALDARE IL FREDDO DI UNA CELLA

Oggi più che mai, immersi negli incontri on line e nelle conferenze in remoto, ci possiamo rendere conto che c’è chi, scontando la sua pena in carcere, vive ancor più che in altri tempi, per motivi ormai evidenti, le limitazioni delle visite di parenti e volontari.

Nasce il fatto che sta assumendo ancor più importanza la ‘visita’ attraverso uno strumento di socializzazione e di vicinanza che per molti è passato ormai di moda: la lettera.

L’iniziativa che promuoviamo qui è denominata Opera Francescana Madrine Carcerati e ha sede proprio sul nostro territorio Bresciano (Rezzato) la quale ha come scopo quello di raggiungere i detenuti che ne esprimano il desiderio, attraverso la corrispondenza epistolare.

…da leggere e diffondere!!!