Nelle tante domande ricevute dai ragazzi durante l’incontro tenuto presso il liceo scientifico “Leonardo” di Brescia, la richiesta di ogni singolo ragazzo era indirizzata a sapere come si vive in carcere, cos’è il carcere e quali sono le conseguenze a livello personale che il carcere può lasciare; le risposte sono state varie anche se tutte sapevano di sofferenza.
Sì, perché il carcere per me è sofferenza, è solitudine, è un completo isolamento dal mondo esterno e una lacerante lontananza da famigliari e persone care. Il carcere è un foglio sporco d’inchiostro strappato a metà, è un luogo dove cerchi fiori sul cemento e un po’ di verde su cui camminare, è un luogo privo di colori, dove cerchi risposte senza porgere domande, dove cerchi sorrisi tra un mare di lacrime annegando nella comune sofferenza, il carcere è un luogo che gli uccellini sorvolano impauriti, è una battaglia persa per tutti, è un luogo buio e dimenticato, dove timidamente solo il sole, filtrando tra le sbarre, sembra avere il coraggio di entrare, il carcere è un luogo dove esistono abbracci e dove le lancette sembrano fermarsi, dove i capelli si sporcano di bianco, il carcere è sofferenza.
Poi esistono loro, persone che ti offrono un sorriso gratuito, che ti accolgono, ti ascoltano, persone che quotidianamente attraversano i cancelli portando con sé una carezza e un po’ di speranza. I volontari per noi detenuti sono colori e grandi prati fioriti, sono attimi di un po’ di speranza. I volontari sono il domani.
Aver avuto la possibilità di condividere un’esperienza al loro fianco, con l’obbiettivo di offrire un consiglio, è stato per me motivo di grande orgoglio, poter raccontarmi e raccontare cosa rappresenta il carcere a ragazzi che stanno lasciando un’impronta sul sentiero che li condurrà verso un domani difficile e pieno di responsabilità, quasi come fossi una amico piuttosto che un fratello maggiore, è stato per me un ulteriore passo verso l’allontanamento da un passato che, da tempo, non sento più mio.
Grazie a tutte le persone che hanno dato la possibilità di esserci, perché è stata un’esperienza da cui esco decisamente arricchito, nella completa consapevolezza che, aprendo le porte delle prigioni che uno si porta dentro, tendendo una mano o semplicemente offrendo un piccolo aiuto, si aiuta in primis se stessi, rendendo il carcere un luogo di riflessione prima e di un domani sicuramente migliore, poi.
R.F.